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I politici italiani da Twitter a Pinterest

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Nell’epoca del web 2.0 il concetto di credibilità politica si coniuga con quello di web reputation: è sempre più impellente per ogni politico non solo gestire in maniera accorta la propria comunicazione, ma anche monitorare i flussi di commenti e reazioni che ne scaturiscono, per ottenere legittimazione e consolidare appunto la propria credibilità. E se la nascita di un neologismo come twitplomacy sancisce l’evidente supremazia di Twitter, tra tutti i social media, come strumento di comunicazione politica, perfino la politica italiana si nutre da tempo di esternazioni cinguettate, dichiarazioni retwittate in un battibaleno e di botta e risposta a suon di hashtag.

Il mese scorso il Sole24Ore ha pubblicato una classifica dei politici italiani più attivi per numero di tweet: significativamente, escluso il sindaco di Roma Gianni Alemanno, si tratta per lo più di giovani parlamentari di Pd e Lega, nessun segretario, nessun leader di movimento. Eppure sono proprio questi ultimi ad avere in definitiva, la visibilità maggiore, per numero di follower, indipendentemente dall’impegno profuso. Il più seguito si conferma Beppe Grillo (619,092 il 16 luglio), poi, con enorme distacco, da Nichi Vendola (211.747) e poi dal Sindaco di Napoli Luigi de Magistris (127,706), Pierluigi Bersani (125.444), Matteo Renzi (127.165) e Antonio Di  Pietro (121.953), quasi in parità. Seguono, con parecchie migliaia di follower in meno Pierferdinando Casini, Debora Serracchiani e Giuliano Pisapia, mentre se si esclude il sopra citato ministro Giulio Terzi (23.708) il governo dei tecnici è praticamente inesistente sul social di microblogging.

I leader vincono anche sui brand dei loro rispettivi partiti: Sinistra Ecologia e Libertà è il simbolo più popolare, con soli 39.319 follower, a dimostrazione ancora una volta di quanto la comunicazione personale sia vincente su Twitter. Ma cosa accade sugli altri social media? Cosa potrebbe affiancare la velocità lampante di un tweet? Gli strateghi americani hanno puntato su Pinterest. Sarà un’arma vincente?

A proposito di comunicazione personale, o di personalizzazione della comunicazione, la politica internazionale, in particolare quella statunitense, ha scoperto negli ultimi mesi l’utilità di un’altra grande piattaforma in ascesa, Pinterest. Lì dove non arrivano le parole possono le immagini: ed ecco che entrambi gli schieramenti per le presidenziali americane hanno aperto, con non poco clamore nei mesi scorsi, i propri account sul network, dando a noi osservatori un altro campo da monitorare: la candidata a first lady Ann Romney, seguita dall’attuale presidente Barack Obama e da sua moglie Michelle, hanno cominciato a gestire l’altra faccia della reputazione, quella meno istituzionale, fatta di ispirazioni, foto dalle campagne, ma anche ricette, tanto patriottismo e moltissime foto di famiglia ad alto tasso di engagement, tra commenti e repin, da parte di quel target composto per l’80% di utenti donne che forse le campagne presidenziali faticavano a raggiungere.

Ma se in Italia si stima che la proporzione su Pinterest sia invertita, con il 78% di utenti di sesso maschile, come si muove la comunicazione politica?

Al momento la presenza dei leader è quasi inesistente, se si esclude l’onni-digitalmente-presente Beppe Grillo con ben 26 follower, e i profili aperti per Pierluigi Bersani e Luigi De Magistris, lasciati però vuoti nella desolazione dei loro 0 e 5 follower. Paradossalmente se la caverebbero meglio i partiti, nello specifico le loro sezioni locali, come quelle della Lega Nord Veneto e quelle di Mira e Cagliari del PD. Queste ultime con 170 e 385 pin rispettivamente, mostrano delle buone idee a livello contenutistico, e cercano di attestare la propia credibilità dando voce a una sorta di manifesto estetico-culturale, con board dedicate alle bellezze del territorio, a citazioni e personaggi da cui trarre ispirazione (una delle vocazioni di Pinterest), ai manifesti politici; sapientemente a Cagliari si uniscono poi le tematiche ecologiste, care al partito, con un’altra vocazione del network, quella al Do It Yourself, in una bacheca che su tutte coglie lo spirito di una simile iniziativa, ovvero quella intitolata Reuse Reduce Recycle.

Nonostante manchi ancora una vera e propria strategia di engagement, (l’incoraggiamento di repin e commenti, l’utilizzo di descrizioni personalizzate per le singole immagini e forse più di tutto, l’utilizzo di Pinterest nel complesso di una strategia digitale combinata), sarà interessante osservare gli sviluppi di questi esperimenti partecipativi e la loro ricaduta sulla reputazione di leader e partiti. Chissà che il futuro prossimo non porti novità interessanti anche su questo versante. Noi di Cybion Social Lab sicuramente lo terremo d’occhio.

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